Mercoledì 1 giugno 2022

Diritto di famiglia: Cnf e Ocf chiedono di accelerare l'entrata in vigore della riforma Cartabia sul processo civile

a cura di: AteneoWeb S.r.l.
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Con Comunicato Stampa congiunto del 30 maggio 2022 il Consiglio Nazionale Forense (CNF) e l'Organismo Congressuale Forense (OCF) hanno chiesto al Governo di accelerare l’entrata in vigore della riforma Cartabia sul processo civile per la parte relativa al diritto di famiglia. 

"La riforma Cartabia del processo civile (Legge 206/2021)", si legge nel comunicato, "per la parte che riguarda il diritto di famiglia rappresenta una evoluzione verso l'attuazione dei principi del giusto processo nell'ambito della giurisdizione rivolta alle persone, alle famiglie e soprattutto ai minori, a lungo auspicata dall’avvocatura".
"Con la riforma", spiegano Cnf e Ocf, "si compirà la realizzazione di un rito finalmente unico, con una rinnovata gestione delle risorse, delle competenze e delle funzioni a favore esclusivo di un'adeguata tutela e della necessaria efficienza. Il sistema disegnato dalla legge appare vocato ad una maggiore prossimità della risposta di giustizia per le persone, al cui centro è posta la cura del benessere della famiglia e del minore e non la patologia. Si tratta di un traguardo atteso da molto tempo non solo dall'avvocatura, ma soprattutto da tantissime famiglie, e risponde alle esigenze mutate della società e alla peculiarità della materia che coinvolge interessi superiori e impone elevata specializzazione di tutti gli operatori coinvolti. Specializzazione che compenserà il paventato rischio di difetto di collegialità e di multidisciplinarietà".
Cnf e Ocf ritengono che la riforma "risolva molte serie criticità, assicurando un unico giusto processo regolato finalmente dalla legge e non più un rito privo di regole, e istituisce un giudice unico specializzato e prossimo che assicurerà una migliore giustizia alle persone", ed evidenziano "l’assoluta necessità che la riforma entri al più presto in vigore assicurando così l’effettiva tutela dei minori, delle famiglie e delle persone vulnerabili".


Fonte: https://www.organismocongressualeforense.news
DOCUMENTI E SERVIZI IN EVIDENZA:
  • Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi

    Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.

    Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
    Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
    La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
    Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
  • Atto dichiarativo di impresa familiare

    L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
     Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:

    • agli utili dell'impresa familiare;
    • ai beni acquistati con essa e agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis
  • Contratto preliminare di locazione commerciale

    Secondo l’art. 1571 c.c. la locazione è il contratto con il quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all’altra (locatario o conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo (canone).

    Se il contratto di locazione ha ad oggetto immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, viene comunemente definito “contratto di locazione commerciale” ed è disciplinato nel Capo II della L. n. 392/78, che ne regola, in particolare, la durata, la rinnovazione, il rilascio dell’immobile, l’aggiornamento del canone, l’indennità per perdita di avviamento, la sub locazione, la successione nel contratto, il diritto di prelazione e il diritto di riscatto. 
    Sono, inoltre, applicabili alla locazione commerciale gli artt. 7–11 della stessa L. n. 392/78 in tema di clausola di scioglimento in caso di alienazione, spese di registrazione, oneri accessori, assemblea dei condomini e deposito cauzionale.
    La legislazione in tema di locazione commerciale è molto scarna ed è stata integrata da copiosa giurisprudenza di cui, nei limiti della presente opera, si riportano le massime rilevanti.

    a cura di: Dott.ssa Cinzia De Stefanis

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