In tema di accertamento fiscale, l’invito dell’Amministrazione finanziaria a fornire dati e notizie, assolve alla funzione di assicurare – in ossequio ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione operanti in materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per definire le rispettive posizioni, mirando altresì ad evitare l’instaurazione del contenzioso giudiziario, per cui la mancata risposta è espressamente sanzionata con la preclusione (in sede amministrativa e processuale) dell’allegazione di dati e della esibizione di documenti non forniti in fase procedimentale.
Tale inutilizzabilità, che consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito, non è soggetta alla eccezione di parte e può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado di giudizio: essa non opera soltanto quando il contribuente, beneficiando della deroga prevista dal quinto comma del citato art. 32, depositi unitamente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado le notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri non trasmessi e contestualmente dichiari di non aver potuto adempiere alle richieste dell’Ufficio per causa a lui non imputabile.
Il principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. 5 Civile, nella Sentenza n. 29434 del 14 novembre 2024.
Atto dichiarativo di impresa familiare
L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:
I comitati sono organizzazioni di persone che, mediante la raccolta pubblica di fondi, intendono perseguire scopi d’interesse generale.
La disciplina dei comitati è prevista dagli articoli 39 e seguenti del codice civile. La formula del comitato viene utilizzata qualora l’esigenza di perseguire fini di pubblica utilità sia avvertita da persone che non dispongono di mezzi patrimoniali adeguati. Costoro possono farsi promotori di una sottoscrizione pubblica e raccogliere, in questo modo, i fondi necessari per raggiungere lo scopo.
L’articolo 39 del codice civile contiene alcuni esempi di comitati:
Costituzione fondo patrimoniale da parte dei coniugi
Il fondo patrimoniale è disciplinato dagli artt. 167-171 del codice civile, che lo definisce come un complesso di beni determinati che realizzano un patrimonio di destinazione.
Questo istituto è stato introdotto nell’ordinamento nazionale con la riforma del diritto di famiglia del 1975, L. 151, andando a sostituire il “patrimonio familiare”, che era disciplinato dall’art. 177 del codice civile.
Esso può essere costituito da uno o da entrambe i coniugi, o da un terzo ed è destinato dal titolare a garantire e soddisfare i bisogni della famiglia.
La soddisfazione di tali bisogni avviene attraverso i frutti, che derivano dall’impiego dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Attraverso questo strumento giuridico i coniugi, quindi, danno vita ad un patrimonio autonomo e separato, costituito per garantire la stabilità economica della famiglia.
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