Newsletter del Garante Privacy n. 462 del 18 febbraio 2020.
Il datore di lavoro che adotta procedure tecnologiche per la segnalazione anonima di possibili comportamenti illeciti (whistleblowing), è tenuto a verificare che le misure tecnico-organizzative e i software utilizzati siano adeguati a tutelare la riservatezza di chi invia le denunce.
Sulla base di questo principio il Garante per la protezione dei dati personali ha recentemente inflitto, a un'università, una sanzione amministrativa di 30.000 euro per aver reso accessibili on line i dati identificativi di due persone che avevano segnalato all'ateneo possibili illeciti.
A causa di un aggiornamento della piattaforma software utilizzata dall'ateneo, infatti, si era verificata la sovrascrittura accidentale dei permessi di accesso ad alcune pagine web interne dell'applicativo usato per il whistleblowing, rendendo in questo modo possibile la consultazione di nomi e di altri dati di coloro che avevano inviato segnalazioni riservate, informazioni che erano state conseguentemente indicizzate da alcuni motori di ricerca.
Atto dichiarativo di impresa familiare
L'art. 230 bis del codice civile costituisce una norma di chiusura in quanto regola i rapporti che si vengono ad instaurare tra titolare dell'impresa e suoi collaboratori - parenti e affini - quando tra questi non sia stato configurato un diverso rapporto [quale prestazione di lavoro subordinato (art. 2094 del codice civile), società (art. 2251 del codice civile), associazione in partecipazione (art. 2549 del codice civile), o comunione di azienda (art. 177 del codice civile)].
Ad ogni modo, quando il rapporto tra familiari risulta inquadrabile nell'ambito dell'impresa familiare, la norma prevede che qualora i collaboratori prestino la loro attività di lavoro in modo continuativo nella famiglia o nell'impresa familiare, gli stessi hanno diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare:
Ricorso avverso avviso di accertamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
La sospensione di cui all'art. 67. D.L.n.18/2020, pari ad 85 giorni non può essere considerata operante, come confermato dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare 20.08.2020, n. 25, secondo cui "…può ritenersi ormai superata ….” in quanto lo stesso periodo (8 marzo - 31 maggio 2020) è ora ricompreso nel più ampio arco temporale in cui opera la proroga dei termini di decadenza disciplinata dall'articolo 157, D.L. n. 34/2020.
Ricorso avverso cartella di pagamento. Eccezione di decorso del termine decadenziale
Nell’interpretazione degli enti di riscossione, dalla lettura combinata della normativa emergenziale da Covid-19, con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza, l’agente avrebbe la possibilità di procedere legittimamente alla notifica dei ruoli affidati beneficiando della proroga per tutti i carichi il cui decorso dei termini ha interessato l’annualità 2020.
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